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Iron Maiden Somewhere In Time

Gruppo: Iron Maiden

Album: Somewhere In Time

Label: EMI

Anno: 1986

Nazione: UK

Genere: Heavy Metal

Questa volta ritorniamo alle basi, all'abc dell'Heavy Metal. No, non parliamo di uno dei primi dischi del genere, ma sicuramente di uno dei più belli, quello si, nel modo più assoluto. Torniamo alle basi per parlare nuovamente di una band che la storia di questo genere la ha forgiata, torniamo alle basi ancora una volta per omaggiare, su queste umili pagine, uno dei nomi più importanti nel palcoscenico Hard'nHeavy: Iron Maiden e il disco di cui parleremo è Somewhere In Time. Capolavoro, album stellare, chiamatelo come volete la cosa certa è che se con Number Of The Best ci fu una svolta fondamentale nel sound della band, con Somewhere In Time quella stessa proposta musicale subisce un'ulteriore evoluzione. Il songwriting finemente elaborato e meno immediato che già aveva caratterizzato il precedente masterpiece Powerslave, qui diventa tecnologico, elegante, pur rimanendo sempre così sfacciatamente "Iron Maiden". Synth e atmosfere futuristiche prendono il sopravvento. Molti fans non apprezzeranno, la maggior parte, fortunatamente, si. Come qualcuno oggigiorno possa criticare dischi come questo rimane un grande mistero musicale, dopotutto se ho sentito persino persone ultra quarantenni criticare tutta l'era post Di Anno e passare anche per cultori del genere non mi meraviglia in fondo più nulla. Strano come in Italia valga più l'equazione "più anni ho più ne so" (o l'analoga "più dischi ho più ne so"). Peccato solo che se si va all'università o a scuola, non si viene certo promossi al semplice trascorrere degli anni. Lasciamo perdere.

Il disco in questione è semplicemente un baluardo dell'Heavy Metal music e a dimostrare tutto ciò ci pensa, immediatamente, una opener della portata di "Caught Somewhere In Time" con un Dickinson subito intento a sfoderare una prestazione vocale incredibile. La classe di "Wasted Years" e la tagliente precisione dell' "iron riffing" in "Sea Of Madnes" spingono il disco sui binari più infuocati dell'Heavy Metal britannico mentre spetta alla potenza di "Heaven Can Wait" riportare alla mente l'irruento songwriting dei lavori precedenti. "The Loneliness Of The Long Distance Runner" si presenta con uno degli incipit più fragorosi e belli che la storia del genere ricordi, con atmosfere ricche di synth e le futuristiche linee melodiche a dominare il tutto. La tecnologica "Stranger In A Strange Land" e l'irruenta "Deja Vu" formano una doppietta vincente mentre spetta ad "Alexander The Great", col suo stupefacente Heavy Metal d'intenzione epica, andare a chiudere uno dei dischi più belli dell'intera discografia della band di Steve Harris e compagni...e dell'Heavy Metal tutto, ovviamentel.
Vincenzo Ferrara.
Data pubblicazione: 18/11/2007.