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Gruppo: Rush

Album: Grace Under Pressure

Label: Mercury

Anno: 1984

Nazione: Canada

Genere: Prog Rock

Se c’è una band che ha esplorato, dai lontani anni 70 ai giorni nostri, il rock in tutte le sue forme (dal progressive all’hard rock, dall’AOR all’Heavy Metal), questa band prende il nome di Rush. Eppure inquadrare la loro proposta musicale in un preciso filone, cercando di scandagliare e sudidividerla almeno per dischi, è impresa molto più ardua di quel che possa sembrare. I Rush sono una band per adulti, una band complessa, totale, fantastica eppur semplice nella sua genialità. Intelligente ma non cerebrale, intrigante eppur non intricata, tecnologica ma mai modernista, glaciale senza esser asettica. Il periodo musicale dei Rush che preferisco è quello più maturo e scintillante, quello dove il tecnico rock si mescola ad un AOR che definisco tecnologico. E' questo il periodo che racchiude buona parte dei loro lavori rilasciati nella fantastica decade degli anni 80. Non ci sono influenza musicali cui possiamo ricondurli, essi sono i maestri dei quali gli altri sono allievi, essi sono gli iniziatori, i teorici, sono il libro dal quale apprendere, la fonte musicale perpeutaa alla quale decine e decine di band hanno attinto.

Con "Grace Under Pressure" è la dimensione musicale che cambia, una dimensione musicale intrapresa vagamente anche nel precedente "Signals". Abbandonati gli echi prog-rock il disco affonda le proprie radici sonore in un’incredibile miscela di preciso rock progressivo che si intreccia in un tecnologico AOR di difficile inquadratura (strano, comunque, chiamarlo AOR). Quella contenuta nei solchi di questo futuristico platter è una musica coinvolgente, si, perché coinvolgente è l’unica parola per descrivere una opener come "Distant Early Warning" dove Geddy Lee si dimostra essere eccellente cantante, preciso bassista e pulito tastierista. Ritmi suadenti, incalzanti, perfetti, ipnotici. La perfezione musicale continua nella seguente "Afterimage", nella quale i toni si fanno addirittura epici, gelidi e solenni. Si raggiunge uno dei picchi più alti della carriera della band canadese con la seguente "Red Sector A", perla di tencologico AOR dove la batteria di Peart è limpida; scandisce, seduce, ci accompagna negli agghiaccianti tunnel spaziali dove la chitarra di Lifeson viaggia senza sosta e senza incertezze andando a tessere delicate costruzioni strumentali, semplici eppur geniali, leggere eppur spiazzanti per la loro energia. Geddy Lee fa il resto, la sua voce apre orizzonti musicali sublimi nei magici refrain in cui, precisa ed astrale, s’immerge. Con "The Enemy Within" sono atmosfere più sontuose a farla da padrone mentre "The Body Electric" è un rock progressivo e meditato. Il disco continua a viaggiare sulle ali di uno scintillante tech-AOR attraverso i ritmi di "Kid Gloves". In "Red Lenses" sono ancora le potenti reminescenze progressive a farsi risentire mentre la seguente "Between The Wheels" è solenne nel suo andamento asfissiante e tenebroso. E’ difficile descrivere un disco dei Rush: si può forse descrivere ciò che è perfetto? Impresa ardua, davvero ardua. Quello che è conta, a prescindere dal genere e dalle varie etichettature musicali cui vogliamo affibiare a questo disco, è la dimensione musicale nella quale i Rush si spingono con (e non solo) Grace Under Pressure: una dimensione musicale semplicemente superiore.
Vincenzo Ferrara.
Data pubblicazione: 20/07/2006.