Il nuovo mercato musicale e il tramonto
della qualità.
Breve analisi sugli MP3, sulla loro qualità audio e sul fenomeno della musica digitale e ciò che essa comporta nell'ambiente della musica tradizionale.
L'mp3 e la sua qualità.
Molte persone affermano che l'MP3 ad "alta risoluzione" (per
intenderci
i file codificati da 192 kbit/s in poi) siano pressocchè
indistinguibili da un brano originale affermando che vengono tagliate
solo le frequenze non nudibili ecc...ecc...non è vero. O meglio,
è vero se si è abituali ascoltatori di musica al PC o se
si ascolta musica in un impianto monomarca da grande magazzino, ma se
si ascolta il tutto su un impianto HI-FI serio e ottimizzato (che non
vuol dire costoso), le differenze si sentono, eccome (vi rimando al
link finale che trovate a questo articolo
- in fondo pagina - per maggiori dettagli chiamato "prove pratiche").
Inoltre un Mp3 da 192 kbit/s può tranquillamente "vantare"
anche la stessa qualità audio di uno a 128 kbt/s se il codificatore
ha introdotto, durante il processo di codifica, molto "rumore" (difetti
sonori) aggiuntivo (oltre al taglio delle requenze). Tuttavia
i
moderni codificatori MP3 sono abbastanza validi e ciò, unito ad un un
bit rate
elevato (ad esempio il canonico 192 kbit/s), può fornire
una qualità sonora buona anche in prospettiva Hi-Fi ma
imparagonabile comunque ai formati non compressi (CD, LP).
Molte persone inneggiano a chissà quali teorie della
psicoacustica, del taglio delle frequenze non udibili, di
identicità all'originale, ecc...non è vero. Innanzitutto
il concetto è teoricamente sbagliato, il CD non compresso
contiene tutto lo spettro di frequenze udibili, quindi taglieremo
necessariamente qualcosa. Inoltre il concetto è anche
filosoficamente sbagliato. In genere per comprimere un file vengono
utilizzati degli algoritmi che tagliano un suono debole, mascherato da
un suono forte vicino in frequenza. Per quanto validi possano essere
questi algoritmi il suono non è il suono "originale". E' uno
stratagemma creato da altre persone che hanno magari un udito diverso
dal nostro, esigenze diverse, passioni diverse. Io voglio, anzi esigo
di ascoltare la musica nella sua naturalità di registrazione,
non voglio ascoltare una musica passata per un processo di
artificializzazione creato da algoritmi messi a punto da persone
diverse da me, con gusti ed esigenze diverse dalle mie. Quello che
soddisfa il mio gusto lo decido io, e solo io, non altri. Sono un
informatico, eppure trovo ridicolo (quanto psicologicamente
interessante da studiare) questo continuo osannare di tecnologie che
non si conoscono nemmeno, dimenticandoci tutti che, qualsiasi
tecnologia è espressione, per quanto valida e bella, della
natura imperfetta dell'uomo.
Ripeto, se
ascolteremo la nostra musica in uno stereo di 100 euro, allora
ovviamente sarà tutta la stessa pasta, mp3 o CD. Tuttavia il
vero problema
dell'audio compresso non è solo l'mp3 in se
ma anche i supporti che esso "lancia" sul mercato (mini cuffie,
lettorini, ipod, ecc) che
vanno a saturare proprio un mercato che punta sempre al "più" e sempre
meno alla qualità (ne parlaremo tra breve)..
The spirit of music.
Ma non è sono quello dell'audio (oggettivamente solo un problema "per puristi") e dei supporti che esso lancia il vero problema dell'MP3 bensì quello della mentalità. Quando ancora non esisteva questa (comunque sia interessantissima) forma di "tape trading" dell'era di Internet (chiamata Peer To Peer e che condivido nei suoi limiti, sia ben chiaro) ricordo che, da adolescenti, le cassette che ci si potevano scambiare con gli amici erano poche ed entrarne in possesso diventava una sorta di "evento". Tuttavia la cosa più bella, era quel completamento di un intero processo fatto di sogni su giornalini, pensieri fissi, ipotesi, controipotesi, disquisizioni varie che potevano durare anche 20 o 30 giorni, e che si concludeva nel suo magico atto finale: varcare la soglia di quel negozio, cacciare le lire dal taschino, "apparare" gli ultimi rimasugli con una manciata di 200 lire, ed ottenere quello scintillante prodotto che avevi sognato fino a 30 giorni prima e che ora potevi avere in mano, ascoltarlo, "sentirlo" dare un nuovo background sonoro a nuovi momenti della tua adolescenza che magari, dopo anni, quelle stesse note ti avrebbero aiutato a ricordare (non è forse questo uno degli scopi più nobili della musica?).Gli ascoltatori anonimi.
Oggi queste emozioni sono andate via via più scemando. Non me la
prendo con chi scarica intere discografie su Mp3 nè giudico
nessuno (di meno non può fregarmene), ognuno è libero di
ascoltare la propria musica come più "merita" e più gli
"compete". La cosa triste è un'altra, queste persone
spesso si spacciano anche per cultori e puristi. Se gli chiedi del
perchè scaricano tutto si nascondono dietro puerili scuse del
tipo "non abbiam soldi", "siamo studenti" ecc...ecc... Ma chi cazzo ce
li ha mai avuti sti soldi dico io?! Eppure 10mila lire al mese per la
musica anche da piccini le si riusciva sempre a mettere da parte,
certo, magari non avendo molte possibilità, compravamo un
disco ogni 50 giorni ed una cassetta del Sega Master System una volta
all'anno, ma non era più lodevole questo comportamento? Un vero
amante della musica anche ideologicamente, trova sempre un minimo da
investire in una sua passione, che siano 10 euro al mese, 5, o 50 non
conta. Tuttavia non
sono contro la libertà dell'MP3 (sebbene NON abbia nemmeno un disco in
questo fomato), dico semplicemente che una
persona che si reputi degna di questa musica, debba trovare
necessariemente un compromesso tra musica scaricata e dischi
comperati. Pura utopia? Forse si.
La piaga della musica (che conta).
Tuttavia non è nemmeno questa la "più grande" colpa dei
formati compressi. Infatti la
colpa maggiore è tutto un mercato che ruota intorno a
ciò. Basta vedere ITpod ed il suo relativo mercato di
musica online ITunes (scandaloso). E
la causa di questo assurdo mercato musicale è anche la
musica di massa che propina oggigiorno la
TV, è questa musica di massa senza identità che ha
permesso ed ha nutrito questo
mercato anonimo che purtroppo ha risucchiato dentro anche generi di
rispetto come
un vortice inarrestabile.
Milioni di persone che addirittura
"acquistano" (si, avete letto bene: acquistano!!!) dischi in MP3 (o
derivati), in maniera virtuale violando ogni concezione logica
possibile ed immaginabile. Se posso trovare soggettivamente ingiusto
scaricare intere discografie in Mp3, l'acquisto (al prezzo di un cd
normale) di un disco in Mp3 ha del fantascientifico e del folle! Se è
logico
che l'Mp3 sia ottenibile gratis, è assolutamente improponibile
che si
cerchi di mercantizzare ciò che è nato per essere
gratuito e diciamocelo, più scadente, agli
stessi prezzi del
prodotto principe (provate a comprare un disco su Itunes o
sugli store di mp3...). L'ideale
della tecnologia è aumentare la qualità abbassando i
costi. Nel mercato musicale attuale sta avvenendo esattamente
il
contrario: un regresso qualitativo che -addirittura
- non
ha portato nemmeno a una diminuzione dei prezzi.
Ma dopotutto in un mercato massificato fatto ad
uso
e consumo di una moltitudine sempre più informe, pagare lo
stesso
prezzo un qualcosa di qualitativamente inferiore assume anche i
connotati della normalità...
Meglio tanto quindi.
"Tanto", è questa parola magica. La parola che sorge imperiosa
quando nominiamo, quindi, questi nuovi fenomeni musicali. Tantissime
canzoni, migliaia, in un unico apparecchio dove lo stesso concetto di
disco si perde e scompare tra i 3000 brani di un Ipod. Che ci importa
del valore
della musica? Che ci importa di sbatterci per comprare un disco? Che
importa se possiamo avere tanto, tutto e, soprattutto, subito? Se poi
possiamo averlo anche gratis, meglio ancora! C'è stato un
grandissimo regresso culturale in questo campo (ma che si rispecchia,
ahimè, in molti altri campi), quello del "tanto" che sostituisce
la qualità, quello della "convenienza" che sostituisce "il
sacrificio", quello dell'accumulo che sostituisce la passione.
E se 2+2 fa 4: l'orientamento del mercato.
L'orientamento del mercato nel settore musicale va proprio nella
direzione del "tanto" (e
ciò è anche giustificato dalla squallida musica priva di
qualità che ci propina oggi la TV. Ma per la vera musica, quella
che conta, come la mettiamo?). La
qualità bassa (non solo audio, ma anche ideologica), che
può essere accettata
per gran parte della musica contemporanea e di "serie c", può
anche essere irrilevante. Ma quando questa piaga della bassa
qualità si espande anche alla vera musica come un cancro
inarrestabile, come la mettiamo? Ci si accorge ben presto che anche nei
campi musicali che contano la qualità sta diventando un fattore
di
secondo piano e ben presto diventerà di terzo piano e le
industrie discografiche lo stanno capendo. Alle multinazionali importa
sempre meno la qualità, importa bensì la mera
quantità...e noi? Noi abbocchiamo, mi pare ovvio. Se siamo
disposti, in milioni, ogni sabato a mangiare al McDonald,
dopotutto...ci si meraviglia? E' incredibile come il progresso
tecnologico spesso sia direttamente proporzionale ad un regresso
culturale, da persona amante della scienza ciò mi rattrista, ma
non posso che constatare questa realtà dei fatti. Sia ben
chiaro, stiamo comunque parlando nell'ambito musicale ed il discorso di
severa critica si riferisce esclusivamente a quest'ambito.
I supporti in vendita comprimeranno sempre più i dati, le case
produttrici fingeranno di trovare nuovi e più geniali sistemi di
codifica, intanto abitueremo i nostri timpani al tanto ma scarso ed
elimineremo dalla nostra mente dal concetto di disco. Tutto uguale,
così ci hanno abituato.
Certo, molti (gli scaricatori della domenica e "gli acquirenti di
ciò che non esiste") diranno che alla fine conta ascoltarla la
musica, che la musica è sempre quella, ecc...ecc... e alla fin
fine per loro ciò può anche essere grottescamente vero. Ma la qualità,
l'intransigenza, le
attese di arrivare al negozio di dischi e comperare quel magico LP o
CD, le snervanti imprecazioni contro il postino per quel pacchetto che
non arrivava mai, la qualità sonora che cristallinamente avvolge
la tua casa attraverso le casse del impianto hi-fi (costoso o umile che
sia), tutte queste cose, per piacere, lasciatele ai veri appassionati,
a chi,
in questa splendida forma d'arte ha deciso di investire una
piccolissima
parte delle proprie risorse finanziaria, a chi in questa splendida
forma d'arte ci crede ancora.
Vincenzo Ferrara.
Data pubblicazione: 06/4/2007